giovedì 18 agosto 2016

QUALCHE PENSIERO POST VIAGGIO - #IOPARTODASOLA


A Lisbona, la prima volta che mi sono seduta da sola al ristorante è stato strano. Mi sentivo addosso gli occhi di tutti. Mi sono chiesta che cazzo ci facessi lì, tra coppiette sbaciucchiose, comitive di pensionati spensierati, gruppi di amici caciaroni, famiglie con mille pargoli al seguito.

Oggi che sono tornata, mi rispondo così: facevo quello che facevano tutti. Mangiavo.

La solitudine è una qualità della vita che si apprezza soltanto sperimentandola, perchè fa paura. Un po' come il nuoto, no? Si dice che per imparare ti ci devono buttare di forza, nell'acqua. Così, per non morire, cominci istintivamente ad agitare le braccia e le gambe, prima male e in modo scoordinato, poi sempre meglio, poi inizia a piacerti, così tanto che il prossimo tuffo lo farai da solo.

Ecco, io ho avvertito più o meno la stessa sensazione. E alla fine, forse in maniera un po' esagerata, mi sono ritrovata a guardare gli altri e pensare: ma che ci fate voi qui, schiavi di una routine che vi costringe a fare le cose come le fanno tutti?

Qualche giorno fa scrivevo su Facebook che il viaggio in Portogallo mi ha reso più antipatica e snob. E' vero. Forse sono solo sinonimi brutti di "consapevolezza", non lo so. Però la sensazione è quella di sentirsi una spanna più su degli altri, perchè si sta facendo qualcosa che la maggior parte delle persone non farà mai nella vita. E neanche penserà di fare, il che è molto peggio. E stiamo parlando di una cosa stupenda.

Alla fine devo ringraziare i miei malesseri passati per essere arrivata al punto in cui mi trovo adesso. Devo dire grazie alla mia mancanza di autostima, alla paura di tantissime cose, all'insicurezza, all'idea di essere meno degli altri e quindi meno meritevole e degna di poter sperimentare nella vita. Se non avessi avuto questi mali, non avrei avvertito il bisogno di superarli. Forse, se non li avessi avuti, sarei stata una di quelle che non ci avrebbe pensato due volte a buttarsi da un ponte con il bunjee jumping, o forse non mi sarei mai posta il problema, continuando a vivere nell'ordinarietà, considerandola l'unica alternativa possibile e giusta, perdendomi così la sensazione di pregustare un'esperienza che fanno in pochi, e che ti fa salire l'adrenalina alle stelle.

Perchè alla fine è tutta una questione di adrenalina. La paura si accompagna alla sensazione di voler fare di tutto per sovvertirla, o per trasformarla in un sentimento opposto: il bello di superare i propri limiti. Io ero attanagliata dalla paura, ma dall'altro lato avevo una voglia tale di spingermi al di là del muro che ero sempre sul punto di farlo, ma ad un passo arretravo e mi rimettevo comoda nel mio giaciglio di false e noiose sicurezze.

Ovviamente cenare da soli al ristorante non è come lanciarsi con un elastico in un dirupo, ma qui più che l'oggetto ci interessa l'emozione che si prova a fare qualcosa che fino a ieri si riteneva impossibile. Ci vuole davvero poco a trasformarla nella cosa più naturale del mondo.




Per questo, quando ho capito che la solitudine ti permette di osservare tutto quello che ti circonda da una prospettiva diversa, ho cominciato ad amarla e a ringraziarmi di essermi messa alla prova. Certo, all'inizio è stata dura. Il primo giorno sono arrivata in albergo, ho mollato la mia roba e ho cominciato a maledire il caldo torrido dell'ora di pranzo. Lisbona, a prima vista, mi è parsa opaca, torbida. Non riuscivo a penetrarla, quell'aria mi sembrava così spessa che avevo la sensazione che non sarei riuscita ad entrarci dentro come avrei voluto. Mi è bastato sostare qualche secondo davanti allo specchio della mia stanzetta per incontrarla. Eccola lì, la mia compagna di viaggio, completamente sbagliata: brutta, grassa, brufolosa e... sola. Eravamo io, lei e le mie ansie. Ero io con la mia smania di perfezione, e non avevo nessuno che potesse distogliermi da tutto quello.
Dovevo scegliere: passare una settimana di merda, o passare una settimana memorabile. Tutto dipendeva da me.
Ero lì, lo avevo scelto io, avevo preparato e organizzato tutto, lo avevo fatto di proposito. 
Perchè?, mi chiedevo. Perchè volevo imparare a starmi simpatica. Non potevo buttare tutto all'aria, avevo quell'occasione preziosissima tra le mani.

E' bastato poco per capire che le ansie le avrei cancellate uscendo e immergendomi nella città, mica così calda poi, come al solito esageri Angela, trovi i difetti ovunque per convincerti che era meglio se rimanevi a casa. E' bastato sentire i sapori della cucina portoghese mentre mi immergevo nella lettura della guida, a tavola - che bei momenti, quelli del pranzo e della cena! - per far sparire all'istante il signore italiano che mi guardava con la coda nell'occhio e si sentiva in imbarazzo per me. Mi è bastato respirare l'aria del fiume Tago per capire che dovevo evitare i mezzi e camminare, camminare, camminare per scoprire angoli che sulle guide non erano segnalati. Ho dovuto attraversare una terribile periferia per accorgermi che viaggiare davvero significa trovarsi davanti anche quello che non ti piacerà. Ho dovuto sperimentare la difficoltà di aver perso dei medicinali che non potevo sospendere per convincermi che non ero da sola nella Foresta Vergine, non sarei morta senza compresse, e in Portogallo le farmacie ci sono cazzarola. Ho dovuto ascoltare il suono della lingua portoghese per togliermi le cuffie dalle orecchie e immergermi nei suoni, nel Fado e restare isolata ma allo stesso tempo completamente amalgamata al resto. Ho imparato a farmi una valigia intelligente, rapida, essenziale, che non mi avrebbe fatto perdere tempo per prepararmi. Sono uscita presto al mattino, prima di tutti i turisti, per godermi quei pochi minuti di pace sorseggiando un caffè e sentire l'energia che finalmente affiorava nelle membra. Ho provato il piacere di tornare in hotel, togliermi le scarpe, rigenerare il corpo stanco con una doccia fresca, agghindarmi con quei pochi vestiti decenti che mi ero portata dietro - davvero pochi - solo per il gusto di fare una passeggiata nella Ribeira di Porto al tramonto, sedermi sul lungo fiume e guardare le barche, le persone, la sponda, il cielo, le case, e di nuovo le barche, le persone, la sponda...

Ho dovuto farlo questo viaggio, il suo eco risuona ancora nel cuore e mai smetterò di ringraziare me, e solo me, per aver capito che ognuno di noi ha dentro di sè il coraggio e la risposta ai dubbi che lo tormentano.

Che per vivere veramente bisogna sfidarsi.





Un bacio,
MLG
#iopartodasola

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