mercoledì 17 febbraio 2016

IL MIO FESTIVAL DI SANREMO

Se qualcuno mi avesse detto che io, proprio io, a trent' anni suonati, mi sarei ritrovata a lavorare nella sala stampa del Festival di Sanremo come giornalista per seguire la gara,

o che avrei memorizzato quasi tutte le canzoni a furia di sentirle, 

o che avrei assistito alla sera della Finale seduta tra il pubblico dell'Ariston,

...beh, mi sarei fatta una sonora risata. E poi gli avrei risposto:






Sanremo è una di quelle cose che fanno parte della vita, ma a distanza. Rimangono in disparte lontane da noi, come un ronzio di sottofondo, e apparentemente non badiamo troppo alla loro presenza. E invece... Per esempio, non so voi, ma quando da un anno all'altro hanno deciso di non fare più il Festivalbar mi sono sentita come se mi avessero strappato il poster degli Hanson dalla parete e mi avessero urlato brutalmente "CRESCI!". Anche se il poster lo avevo già tolto da un pezzo, perchè ero già grandicella. Tutte quelle compilation che puntuali arrivavano a riempire gli abitacoli delle macchine d'estate, e dagli altoparlanti degli stabilimenti si mescolavano ai granelli di sabbia, all'acqua di mare e all'aria torrida dei pranzi di pizzette e anguria sotto l'ombrellone, e che io compravo dai marocchini sulla spiaggia. Improvvisamente sono scomparse. Vuoto cosmico.


(fonte: www.sorrisi.com)

Ecco, Sanremo è uguale, se lo interrompessero mi mancherebbe come mi mancherebbe Beautiful. E io Beautiful mica lo guardo, mi basta sapere che è sempre lì su Canale 5 alle 13.40. Sono quelle cose di cui fondamentalmente non ci interessa nulla, ma giacciono in una sorta di background rassicurante, un livello di quotidianità rincuorante che scorre costante e ininterrotto dalla nostra nascita, in sequenza parallela agli imprevisti della vita.

E invece, come al solito, mai dire mai. D'ora in avanti Sanremo avrà per me il dolce ricordo di qualcosa che dal livello della sordina è saltato inaspettatamente al livello della vita vera e vissuta.

Sanremo per me ha significato sostanzialmente questo:

1. D'ora in avanti non potrò più dire che non vinco mai niente. Perchè alla fine, ho vinto. Non 100.000 euro al Gratta-E-Vinci, ma un biglietto per assistere alla finale di Sanremo 2016, nel corso di un'estrazione per i giornalisti della sala stampa Lucio Dalla, (dove ho seguito il Festival in veste di inviata per un sito di informazione musicale, come vi accennavo). 



2. La fortuna aiuta gli audaci, o almeno quelli che si sanno fare 'na risata. Ora, non che fosse il sogno della mia vita andare al Teatro Ariston a vedere Sanremo (se non quando c'erano le Spice Girls), ma è pur sempre un'esperienza da godersi. Tutto fa brodo, tutto fa cultura, tutto fa divertimento. E se si è felici, ben disposti, aperti e accoglienti, le cose succedono. Provare per credere.

3. Non è affatto male fare un bagno di italianità ogni tanto. Anche quella che solitamente classifichiamo come "trash". E poi diciamocelo, io dentro sto invecchiando di brutto, e l'idea di trovarmi a vedere il Festival seduta tra le attempatone di ottant'anni in visone color marmotta e unghie laccate di rosso, mi sembrava la cosa più divertente e insolita del mondo. E così è stato.


4. L'atteggiamento della radical-chic-criticona-a-prescindere non fa più per me. Ho imparato che sedersi comodamente sul trono della superiorità è inutile, ingastrisce e soprattutto dà una botta di negatività al karma. Ad esempio, ho sempre detto che non andrei mai a vedere un concerto di Vasco, mi sono sempre rifiutata a priori. Dopo Sanremo, mi sono convinta che questo atteggiamento è da ignoranti. Prima bisogna vedere con i propri occhi, e poi giudicare. O anche non giudicare proprio, ma semplicemente confermare o smentire un'opinione. Per dire, a me Arisa è sempre stata antipatica. Mi è sempre parsa un personaggio costruito a tavolino. GRANDE ERRORE. Arisa è una persona carinissima, ed è proprio così come appare. L'importante è saper cambiare idea. 


5. I cantanti e gli artisti in gara sono tutti estremamente alla mano. Coi giornalisti si creava sempre un clima comunicativo piacevolissimo.

6. I giornalisti della sala stampa Lucio Dalla, quelli delle radio locali e del web, sono un branco di casinari, molto più cazzari dei giornalisti importanti della carta stampata. Ad un certo punto, durante la canzone di Rocco Hunt, è partito il trenino. IL TRENINO!

7. Guardare il Festival insieme agli altri giornalisti è una festa. Non c'è niente da fare, ma se sul palco salgono Eros Ramazzotti o Laura Pausini, si canta. Perchè quelle canzoni ti sono entrate dentro, in un modo o nell'altro. E se tutti cantano "Più bella cosa", beh, canti anche tu. E quando canti sei felice. Io lo ero. E non mi vergogno se ho cantato "La Solitudine", e mi è pure scesa la lacrimuccia.


8. La musica ha un effetto terapeutico sulla gente. "Una musica può fare", diceva Max Gazzè, dal palco di Sanremo. E' vero. La musica era ovunque a Sanremo, nelle strade, sulla bocca della gente, nei negozi. La musica, qualsiasi musica, trasforma le persone. E non è importante la musica in sè, ma quello che fà. Come ingentilisce le espressioni e accende gli animi. E' bellissimo vedere il meccanismo di questa magia da dentro, ed esserne anche un po' gli artefici.

9. La musica POP è pura stregoneria. Dopo un bagno di canzoni sanremesi, mi ritrovo a canticchiarle senza neanche rendermene conto. E ieri, primo giorno di silenzio dopo una settimana piena, mi sono resa conto che quella musica mi mancava terribilmente. Ero tipo in crisi di astinenza.

10. Valeria Marini dal vivo è una cavalla, ha un culo atomico ma di viso meh. Gabriel Garko è oggettivamente bello, ma è l'anti-virilità. Molto sexy il maestro Beppe Vessicchio, invece. Madalina Ghenea fa rima con dea. Dolcenera è bellissima, Arisa ha il classico "non-so-che", Pif era triste (o in hangover?), Solange si veste come uno scappato di casa ad un raduno hippy.

11. Noemi ha cantato la mia canzone preferita del Festival. Un brano dal testo meraviglioso che potrei aver scritto io, se sapessi tradurre in musica la mia vita e i miei pensieri. 


12. Il teatro Ariston allestito per Sanremo è il posto più trash che esista. E' la fiera del botulino, pieno di donnoni rifatti in abiti da sera (cinesi). Le poltrone sono rosso fuoco, il foyer è pieno di specchi. E' un posto stupendo proprio perchè eccessivo, non scherzo. 


13. In TV sembra tutto enorme, ma il teatro è piccolo, e questo permette di avere una visuale buona anche dalla piccionaia. La stradina dove si affaccia l'Ariston è strettissima. Vedere tutto questo dal vivo fa quasi tenerezza.

14. Le migliori cantanti dal vivo: Annalisa, Arisa, Dolcenera. Sembrava di ascoltare un disco, tanto erano perfette. 


Conclusioni? Anche troppe.

Sanremo si è rivelata un'esperienza sui generis, che probabilmente ha sbloccato tutta una serie di tasti inceppati. Insomma, è servita ad oliare i miei ingranaggi arrugginiti, quelli che mi hanno fatto arenare per troppo tempo. Quindi il messaggio è: bisogna trovare il proprio momento positivo. Il blocco di partenza. Fissare quel momento e scolpirlo nella testa. Non è facile individuarlo, e spesso si rivelerà proprio in quello che sembra inaspettato, e quindi tenderemo ad ignorarlo. Ma se avremo anche un minimo sospetto, fermiamoci a pensare.  E teniamolo caro, per capire da dove cominciare a dare una svolta. E badiamo bene: svolta non vuol dire che da un giorno all'altro troveremo la pace mentale, i soldi, un compagno o una compagna per la vita e il lavoro dei nostri sogni. Si tratta di equilibrio e consapevolezza. Merce molto più rara.  Lo so che certe volte le mie riflessioni rasentano l'ovvio, ma siccome io, pur ritenendomi persona intelligente, a volte l'ovvio non lo vedo perchè mi devo sempre sparare un casino di menate, penso che possa servire ribadire concetti e riflettere su aspetti della vita che forse, proprio perchè diamo per scontati, non coltiviamo come dovremmo. Cioè, è ovvio che positività porta positività, ma il punto è anche un altro: la positività va alimentata con altra positività. E questo è tutt'altro che scontato. Se non si dà lo start, se non si butta giù la prima tavoletta del domino, il meccanismo non si aziona. Bisogna capire come dargli il via, trovare il proprio momento di benessere perfetto, quello da cui far partire tutto, che ci farà sentire parte di un gruppo, in sintonia con gli altri e che spazzerà in un solo colpo tutto il malessere. E se c'è una bella musica in sottofondo, meglio. Io credo che il mio equilibrio parta dal lavoro dei miei sogni. E a Sanremo credo di averlo capito.


Trovate il vostro Sanremo.
Baci,

MLG

2 commenti:

  1. Basta vivere con leggerezza... ti ho seguito è stato molto divertente, immagino per te ;)!
    Dev'essere stata una bella esperienza totalmente italiana, Sanremo volente o nolente fa parte della nostra cultura. Io mi diverto sempre a guardarlo, non ci posso far nulla e nulla voglio fare!!

    Erika

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    Risposte
    1. Brava, le tue sono sagge parole. Tutti si vergognano e prendono posizioni "anti" solo perchè cantare fuori dal coro (per restare in tema musicale) sembra essere l'atteggiamento più intellettualmente e culturalmente accettabile. Io credo invece che non ci sia nulla di male ad accettare un evento che, come dici tu, fa parte di noi e nel nostro Paese, e che in qualche modo ci accompagna e ci riempie la vita (nel bene o nel male, dipende dai gusti). E poi... se Checco Zalone riesce a portare al cinema la gente che di solito non ci va mai, e Sanremo ha il potere ad avvicinare le persone alla musica, anche di un certo livello (vedi Stadio), che male c'è? La messa non si può recitare solo in latino, sennò in Chiesa non ci va nessuno.

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